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Quello dell’olio extravergine è un tema parecchio controverso tra gli scaffali della spesa e non solo. Ecco il vero motivo del ribasso.
Ci sentiamo di dire che i carrelli della spesa sono un sottile termometro dei tempi e delle epoche che viviamo: misurano prezzi, ma anche scelte e valori di chi acquista.
Paradossalmente siamo sempre più distanti tra quello che vorremmo acquistare e quello che possiamo permetterci, e l’olio extravergine d’oliva ne è la prova lampante.
Simbolo emblematico della dieta mediterranea, oggi è uno degli aspetti più controversi e delicati della spesa domestica. Finiti i tempi dove magari trovavi un litro a 5 €…
Pertanto, è utile comprendere il vero motivo per cui il prezzo dell’olio può oscillare notevolmente da un negozio all’altro e i fattori dietro a questi rapidi cambiamenti di costi.
Secondo l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare (l’ISMAI), i costi dell’olio extravergine d’oliva (siglato come EVO) variano notevolmente tra Centro e Sud: a Chieti, Pescara e Brindisi, i prezzi vanno da 8 a 11,50 euro al chilo, mentre a Foggia scendono sotto gli 8 euro, con diminuzione del 6,5%. Al contrario, l’olio lampante e vergine sono in crescita, con aumenti fino al 12,5%.
Come riportato da Il Fatto Alimentare, nei supermercati le bottiglie di EVO 100% italiano costano 9 euro al litro, mentre nei frantoi difficilmente si scende sotto i 12 euro. Pertanto, perché pagare di più se si trova lo stesso prodotto a un prezzo minore nel supermercato? In realtà, spiegano le fonti, dietro a questi prezzi ci sono situazioni differenti: da un lato la grande distribuzione, che ottiene vantaggi dai volumi dell’ingrosso; dall’altro i piccoli produttori, costretti ad affrontare costi in aumento di energia, manodopera e irrigazione.
A tal proposito, tra i commenti del Fatto si è sviluppato un acceso confronto tra lettori: da una parte chi considera eccessivi i prezzi dei frantoi, dall’altra chi sostiene che il vero costo dell’olio sia associato alla qualità e al lavoro necessario per produrlo. Nel mezzo, i consumatori, che devono decidere tra risparmio e autenticità.
Secondo gli esperti, “non sempre il risparmio è guadagno“. L’etichetta è il primo elemento da esaminare: l’annata di produzione deve essere corretta, ovvero la 2025/2026. Se si legge 2024/2025, si tratta di olio della stagione precedente, ancora utilizzabile ma con aroma meno fresco e bilanciamento di sapore più debole. Acquistare direttamente presso il frantoio, invece, assicura un contatto diretto con il produttore, la possibilità di scegliere secondo le proprie preferenze e di supportare le filiere locali. Tuttavia, anche in questo caso, serve la “prova”: l’acquisto è sempre accompagnato da scontrino o fattura. E, mentre resta il dilemma tra risparmi e qualità di mercato, voi quale scelta fareste?
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